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"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

la Russia stia conoscendo un’era di prosperità e di crescita mentre l’Europa una di declino morale, spirituale ed economico. Il merito è di Putin

Le elezioni in Russia: l’era di Vladimir Putin ha cambiato la storia della Russia e del mondo

https://www.lacrunadellago.net/le-elezioni-in-russia-lera-di-vladimir-putin-ha-cambiato-la-storia-della-russia-e-del-mondo/

di Cesare Sacchetti

Quando Vladimir Putin pronunciò il suo discorso quel lontano giorno di maggio del 2000 probabilmente non se lo aspettava nemmeno lui.

Non si aspettava che da quel momento in poi sarebbe iniziata una nuova era nella storia della Russia e del mondo intero.

Dietro di sé, c’era il cumulo di macerie ereditato da Boris Eltsin, il presidente fantoccio gestito per conto dello stato profondo americano e dei suoi consiglieri economici, su tutti il famigerato Jeffrey Sachs, americano di origini ebraiche, che oggi prova a rifarsi una verginità indossando i panni di critico della NATO.

In quegli anni, la Russia era piombata in un vero inferno. Lo Stato come tale non c’era nemmeno più. A governare erano i famigerati oligarchi, quasi tutti askenaziti, che con il placet della superpotenza americana avevano ridotto il Paese ad un’enclave occupata da clan locali e stranieri dove la fame e la povertà erano all’ordine del giorno.

Se si parla con un russo che ha vissuto quegli anni, e non sono pochi, si potrà avere un quadro ancora più esaustivo della dura vita che il popolo russo conduceva in quell’epoca.

Gorbachev aveva fatto ciò che i suoi referenti dei vari circoli Occidentali gli avevano chiesto di fare. Era giunto il tempo di liquidare l’URSS e di accompagnarla sull’uscio della storia poiché questa aveva abbondantemente servito gli scopi dei suoi creatori, i bolscevichi, quasi tutti di origine ebraica, e lautamente finanziati da banchieri quali Jacob Schiff e Max Warburg.

Allora era giunto il tempo di smantellare quell’impero per lasciare il posto soltanto a quello americano che avrebbe avuto il compito esclusivo di guidare, o meglio imporre, al mondo il dominio di Washington e dell’atlantismo.

Questo è quello che accadde negli anni 90. La NATO, organizzazione ipocritamente definita di contenimento all’URSS, avrebbe dovuto essere sciolta poiché il suo scopo e la sua ragion d’essere erano entrambi esauriti.

Dall’altra parte del Muro, non c’era più il blocco comunista ma ciò non ha impedito all’organizzazione atlantica di espandersi e di annettere a sé diversi Paesi dell’Europa Orientale fino ad arrivare alle porte dei confini russi.

Quando si parla di “aggressione russa” viene da sorridere se si pensa che negli ultimi 30 anni ogni singola guerra è stata provocata o dalla NATO che arbitrariamente bombardava quei Paesi che non si conformavano alla sua volontà politica, oppure dagli Stati Uniti che a sua volta colpiva quei Paesi giudicati una “minaccia” per i poteri sionisti che dominavano Washington.

NATO e Stati Uniti, sono stati questi due poteri a scrivere la storia del mondo, in negativo, negli ultimi 30 anni.

La rinascita della Russia era quell’elemento che atterriva già in quegli anni questi ambienti.

Quando i neocon, un’altra derivazione delle lobby sioniste, scrivevano nel 1997 che occorreva sfruttare il vuoto di potere creato dalla caduta dell’URSS per costruire un superimpero americano, esprimevano indirettamente il timore che un domani l’orso russo si sarebbe potuto rimettere in piedi.

La rinascita della Russia e il contenimento del mondialismo

Ciò accadde quel giorno dI maggio del 2000 quando il testimone del Cremlino passò dalle mani di Eltsin a quelle di Putin.

Lì iniziò la rinascita. Iniziò la bonifica di una nazione e del suo apparato statale profondamente infetto da agenti stranieri della CIA come ha ricordato in passato Putin che raccontò come i vari rappresentanti della intelligence americana dirigessero gli uffici russi dalle loro scrivanie sulle quali sopra c’era la bandierina americana.

Tale era la condizione della Russia. Da potenza a colonia. E il viaggio iniziò lì. 24 anni dopo ci si trova di fronte ad una eredità ed ad un’era, quella di Vladimir Putin, che ha cambiato il corso della storia.

Il risultato straordinario delle elezioni di domenica dimostrano come un intero popolo ormai sia stretto al suo leader da più di 20 anni e come non si abbia alcuna intenzione né da una parte né dall’altra di recidere questa relazione tra il presidente e la sua gente.

Quando Putin stesso, quasi commosso, ha ringraziato i russi per avergli dato il 90% dei suffragi affermando che “siamo un’unica squadra” ha ribadito che il rapporto tra lui e il suo popolo è indissolubile e non può essere sciolto da mani straniere e nemiche della Russia.

Da questa parte del mondo Occidentale invece si è assistito al solito esercizio di ipocrisia quando alcuni quotidiani del mainstream sono arrivati a definire come una “farsa” le elezioni russe in quanto, a loro dire, non c’erano concorrenti veri contro Putin.

Si è indecisi se trasecolare o mettersi a ridere. Coloro che pronunciano queste frasi sono gli stessi che da anni in Europa Occidentale propinano ai popoli europei la farsa, vera, della falsa alternanza tra centrodestra e centrosinistra con le annesse falsi opposizioni di turno, quali il M5S prima, la Lega poi, e da ultimi i vari partitini satelliti di questo sistema, quali quello di Paragone, Rizzo e gli altri.

Sono proprio questi personaggi a mettere il naso in caso della Russia e dire a questa come si fa una elezione “regolare”.

L’Occidente per anni ha accarezzato il suo fantoccio, ovvero Navalny, al quale era stato assegnato il ruolo di vero oppositore a Putin, ma anche quando questi si presentava nessuno lo votava.

I russi, molto semplicemente, non sono interessati a seguire il “modello” di democrazia occidentale e non si comprende perché dovrebbero farlo.

Il vero volto autoritario della democrazia liberale

Cosa c’è da questa parte di così ricco e unico al quale non si può rinunciare a tutti i costi? Chi ha vissuto in Europa Occidentale negli ultimi tempi si è dovuto trovare a fare i conti con la peggiore dittatura distopica che si è mai vista.

Non si poteva uscire di casa qualche tempo fa senza rischiare di essere aggrediti o fermati illegalmente dalle autorità soltanto perché i vari dpcm, illegali a loro volta, di Conte prima e di Draghi poi avevano ristretto arbitrariamente la libertà personale.

Non ci si poteva spostare da una parte all’altra dell’Italia senza fare il test del PCR che è stato sviluppato senza nemmeno avere un campione del virus isolato, ancora oggi assente, e che ha un margine di errore del 97% come ha confermato persino una recente sentenza di un tribunale portoghese.

Non si poteva entrare in chiesa senza rischiare di essere aggrediti e trascinati fuori dal luogo di culto come nemmeno il peggiore dei criminali viene trattato.

Questa è l’Europa e l’Occidente, per non parlare del sistema sociale ed economico che da 30 anni tiene fermi i salari con l’euro, moneta artificiale finanziaria senza Stato, e l’austerità che ha creato una disoccupazione di massa.

La tanto decantata, solo dalla solita intellighenzia ormai, democrazia liberale non ha dato nulla ai suoi popoli.

Ha tolto ai popoli prima il benessere economico consegnando l’Italia e l’Europa agli oligarchi, spesso stranieri, che oggi hanno in mano le risorse strategiche del Paese e poi ha tolto loro anche le libertà personali, consegnando gli italiani e gli europei alla peggiore vita possibile.

Quando questo accadeva, in Russia la vita scorreva normalmente. Nessuno veniva inseguito per le strade perché privo di mascherine e nessuno veniva messa al bando perché privo di vaccino.

Se c’è qualcuno che deve andare a lezione di diritti naturali, e soprattutto smetterla di impartire tali lezioni,  quella non è di certo la Russia, ma proprio l’Europa Occidentale.

La farsa pandemica ha trasmesso una grande lezione, per chi l’ha voluta e saputa apprendere. La democrazia liberale è la vera dittatura di questi tempi.

Questo disfunzionale sistema concepito nel secolo dei lumi da intellettuali francesi quali Voltaire e Rousseau, non a caso scelto dal M5S per la sua piattaforma, entrambi iscritti alla massoneria è stato partorito per proteggere esclusivamente gli interessi del liberalismo e del capitalismo finanziario che governa il primo.

La democrazia liberale altro non è che il trionfo del capitale sullo Stato e non deve sorprendere che oggi in Europa, soprattutto in Italia, ci sia un generale rigetto dei vari partiti che periodicamente si presentano alle lezioni.

Nessuno di questi sfida davvero lo status quo. Nessuno mette in discussione il potere delle massonerie, dei rotariani, delle case farmaceutiche, dell’alta finanza e di tutto quel grumo infetto che costituisce il fulcro della liberal-democrazia.

La Russia ha riportato in vita gli Stati nazionali

Questo spiega perfettamente perché la Russia stia conoscendo un’era di prosperità e di crescita mentre l’Europa una di declino morale, spirituale ed economico.

La Russia non disconosce le sue radici cristiane ma le ricorda e le difende. L’Europa ha preferito prostrarsi invece ai piedi del moloch della secolarizzazione e della laicità e i risultati sono evidenti sotto gli occhi di tutti.

La civiltà europea viaggia verso l’abisso perché ha rinnegato sé stessa e i popoli ormai disconoscono quei sistemi politici che hanno prodotto questa profonda crisi.

La Russia ha scelto un’altra via. Non quella del liberalismo e nemmeno quella dell’unipolarismo per ciò che riguarda la politica internazionale.

Se nel mondo Occidentale tutto ciò che non fa gli interessi della finanza e dei vari poteri che gestiscono l’Occidente è “autoritario”, in Russia invece si ha rispetto per le culture e gli interessi altrui.

Non si entra nella casa altrui radendo al suolo qualsiasi cosa e non si instaura un presidente fantoccio che esegue gli ordini di Washington e Londra.

Quello è il modello unipolare ed è il modello che ha messo a ferro e fuoco il mondo intero pur di affermare la centralità della NATO, degli Stati Uniti e più in generale del Nuovo Ordine Mondiale.

La Russia ha detto no ad un destino dove si può essere soltanto schiavi di questi apparati. Ha concepito il multipolarismo che, a sua volta, ha un padre ancora più antico, come il presidente Aldo Moro che già negli anni 70 del secolo scorso voleva un altro destino per l’Italia che non fosse quello di declino e sottomissione impostole dal famigerato club di Roma.

Questa è l’era che ha creato con pazienza Putin. Anno dopo anno, ha costruito l’edificio del multipolarismo fino a costruire un blocco alternativo alla NATO che oggi rappresenta la maggioranza dell’economia mondiale.

L’Occidente voleva accerchiare e isolare la Russia mentre è oggi il primo che si trova ad essere accerchiato ed isolato.

L’era inaugurata da Putin ha inevitabilmente cambiato non solo il percorso della Russia ma anche quello dell’Occidente.

Quando iniziò la farsa pandemica, si era giunti ad un punto molto vicino alla nascita di una società globale autoritaria.

Il Leviatano del mondialismo è stato molto vicino a vedere la luce del giorno. Soltanto l’opposizione della Russia, assistita anche dall’America di Trump, ha impedito tale baratro.

In qualche modo, anche gli europei hanno un debito nei confronti di Putin e degli altri leader come Trump che hanno resistito al totalitarismo mondialista.

Se non fosse stato per loro, a quest’ora il Grande Reset di Davos sarebbe qui tra noi. Putin ha detto no al Nuovo Ordine Mondiale e al suo braccio militarista della NATO.

Questa è l’era politica che lui ha inaugurato. Una nella quale non sono più i poteri transnazionali a dominare, ma gli Stati nazionali.

Il XX secolo aveva ucciso le patrie. Il XXI le sta riportando in vita. E se questo passaggio storico oggi sta diventando realtà lo si deve indiscutibilmente a uomini come Vladimir Putin che sin dal primo momento hanno cercato di difendere l’antico ordine della tradizione che invece il liberalismo ha cercato in ogni modo di sopprimere.

Il ministro delle Finanze afferma che il quadro finanziario della Germania è disastroso, con un’esplosione del debito pubblico all’orizzonte

 Intervista al Ministro delle Finanze tedesco Lindner: "Il Patto si può ...Il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner

Berlino nella trappola… della propria tirchieria

Incredibili tragicomiche notizie arrivano dalla ex superpotenza della austerità che ha imposto a tutti noi:

La Germania sta finendo i soldi e il livello del debito sta esplodendo, avverte il ministro delle Finanze

Di John Cody di Remix News

Il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner avverte il proprio governo che le finanze statali stanno rapidamente sfuggendo di mano e che il governo deve cambiare rotta e attuare misure di austerità. Tuttavia, si prevede che la disputa sulla spesa non potrà che intensificarsi, con i deficit di bilancio che causeranno scontri aperti tra la coalizione a tre di sinistra liberale che governa il paese.

Con l’avvio dei negoziati per il bilancio 2025, la posta in gioco è alta. Tuttavia, il quadro si è complicato dopo che la massima corte del paese ha stabilito che il governo non può spostare 60 miliardi di euro di denaro stanziati per la crisi del coronavirus ad altre aree del bilancio, e la corte ha sottolineato che la mossa è incostituzionale.

Da allora, il governo è in crisi e ha cercato di tagliare il bilancio in diversi settori, anche nei confronti degli agricoltori del paese. Questi tagli hanno già scatenato proteste di massa, dimostrando quanto delicata sia ancora la situazione per il gov

Lindner, il cui partito ha preso una batosta nei sondaggi , è disperato nel tentativo di creare una certa distanza dai suoi partner di coalizione e salvare il suo partito dal disastro elettorale. Il ministro delle Finanze afferma che il quadro finanziario della Germania è disastroso e che il deficit di bilancio non farà altro che aumentare nei prossimi anni se non verranno adottate misure per contenere la spesa.

“In uno scenario sfavorevole, i crescenti deficit finanziari porteranno a lungo termine ad un aumento del debito in rapporto alla produzione economica fino al 345% circa”, si legge nel rapporto sulla sostenibilità pubblicato dal suo ufficio. “In uno scenario favorevole, entro il 2070 il tasso salirà a circa il 140% del prodotto interno lordo”.

Secondo la legislazione europea che ha imposto agli altri paesi, anchela Germania ha limitato il suo livello di debito al 60% della produzione economica, il che richiede notevoli risparmi. Un fattore importante è il rapido invecchiamento della popolazione tedesca, con un’esplosione del debito all’orizzonte mentre sempre più cittadini vanno in pensione mentre le entrate fiscali si riducono e il sistema di assistenza sociale cresce – in parte a causa dell’esplosione della popolazione immigrata del paese .

I partner di Lindner, i Verdi e i Socialdemocratici (SPD), sono restii a tagliare ulteriormente la spesa, poiché ciò danneggerebbe le loro possibilità elettorali. In effetti, il ministro del Lavoro Hubertus Heil sta spingendo per un nuovo pacchetto pensionistico che aggiungerà miliardi al debito del paese, cosa che, sorprendentemente, anche Lindner sostiene.

Le scomposte reazioni occidentali alle elezioni russe manifestano ipocrisia e disonestà intellettuale e politica. Da quale pulpito viene la predica?

 Elezioni Russia | affluenza alle urne online raggiunge il 90%

Voto russo e ipocrisia occidentale

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-voto_russo_e_ipocrisia_occidentale/52961_53646/

di Fabrizio Verde


Le reazioni occidentali alle elezioni in Russia dove il popolo attraverso le urne ha confermato massiccio sostegno all’azione politica del presidente Vladimir Putin, sono una summa di luoghi comuni, banalità, menzogne e ipocrisia.

La Casa Bianca ha affermato che “le elezioni presidenziali in Russia non sono ovviamente né libere né giuste”.

"Le elezioni in Russia non sono state né libere né regolari e hanno riguardato anche territori ucraini occupati illegalmente. Continuiamo a lavorare per una pace giusta che porti la Russia a terminare la guerra di aggressione all'Ucraina nel rispetto del diritto internazionale", ha scritto su X il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.

La Polonia ha bollato il voto presidenziale russo come “non legale”. In una nota il ministero degli Esteri di Varsavia ha aggiunto che le elezioni si sono svolte "in mezzo a dure repressioni e nelle zone occupate dell'Ucraina in violazione del diritto internazionale".

A urne ancora aperte Berlino aveva definito "nullo" il voto russo nelle regioni occupate dell'Ucraina. "Le pseudo elezioni in Russia non sono né libere né corrette, il risultato non sorprenderà nessuno. Il governo di Putin è autoritario, si basa su censura, repressione e violenza", afferma una nota del ministero degli Esteri della Germania.
 
In un post su X il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha sottolineato la "mancanza di scelta per gli elettori e l'assenza di un monitoraggio indipendente da parte dell'Osce".

Proprio il commento di Cameron ci offre l’occasione per sottolineare ipocrisia e disonestà occidentale. Da quale pulpito viene la predica? Questa è la prima reazione alle accuse contro la Russia, che poi sono le stesse rivolte contro ogni paese che non si allinea ai diktat e all’agenda occidentale. Oggi è il turno della Russia, domani lo sarà del Venezuela che va alle urne a luglio, così come in passato i totalitaristi e fanatici liberali hanno attaccato i processi elettorali in Iran, Nicaragua, Bielorussia o qualunque altro paese non allineato.

In Occidente c’è libertà di scelta?

Mentre molti paesi occidentali si vantano di essere democrazie con più partiti politici, la realtà è che spesso manca una vera competizione tra di loro. Questo fenomeno è stato soprannominato “falsa concorrenza” da alcuni commentatori politici, poiché dà l’illusione della scelta mentre in realtà soffoca la vera diversità politica.

Innanzitutto nei ‘democratici’ paesi occidentali regna il denaro, che influenza fortemente la politica. Le campagne politiche sono finanziate da ricchi donatori e gruppi di interesse particolari, che possono conferire una quantità sproporzionata di potere a determinati partiti o candidati. Una situazione che rende estremamente difficile la competizione per partiti nuovi o più piccoli, poiché non dispongono delle risorse finanziarie per condurre campagne efficaci. Di conseguenza, gli elettori hanno spesso scelte limitate quando si tratta di selezionare i propri rappresentanti e determinare reali cambiamenti politici.

Il politologo britannico Colin Crouch utilizza il termine postdemocrazia per descrivere quei sistemi politici liberali, formalmente regolati da norme democratiche che vengono, però, svuotate dalla prassi politica. “Anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato – scrive il politologo nel suo libro «Postdemocrazia» – condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’integrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici”.

Poi nei sedicenti paesi democratici spesso abbiamo sistemi bipartitici. Negli Stati Uniti, ad esempio, i partiti democratico e repubblicano sono le uniche opzioni praticabili per gli elettori. Sebbene esistano terzi partiti, essi sono spesso emarginati e devono affrontare ostacoli significativi per ottenere un reale potere politico.

Un’altra questione che ha sollevato dubbi sulla libertà elettorale in Occidente è la prevalenza del gerrymandering. Questa pratica, in cui i distretti elettorali vengono ridisegnati per favorire un particolare partito politico, può distorcere i risultati delle elezioni e minare il principio di equa rappresentanza. Il gerrymandering può anche ridurre la competizione elettorale, portando a una mancanza di scelta per gli elettori.

Inoltre, i media svolgono un ruolo significativo nel plasmare l’opinione pubblica e possono contribuire alla mancanza di alternative politiche in Occidente. I media mainstream spesso si concentrano sui partiti principali e danno loro la maggior parte della copertura, ignorando, emarginando o addirittura boicottando gli altri partiti.

La mancanza di alternative politiche in Occidente può essere attribuita anche alle strutture di potere radicate all’interno dei partiti esistenti che spesso rispondono a interessi molto distanti dalle esigenze e dalle richieste degli elettori.

Tale situazione in cui gli elettori sentono di avere solo scelte limitate alle urne, ha determinato una profonda sfiducia nei sistemi politici, confermata dai sempre più alti tassi di astensionismo alle elezioni e dalla mancanza di fiducia nei governi e nei rappresentanti eletti ormai privi di legittimità.

Insomma, mentre in Occidente si sputano sentenze dopo processi più che sommari contro il processo elettorale in Russia, crescono dubbi e preoccupazioni sulla loro reale libertà, trasparenza e mancanza di alternative politiche.

A tal proposito l’Italia rappresenta un ottimo esempio: nella cosiddetta Seconda Repubblica si sono susseguiti diversi governi, ma politiche le politiche adottate sono rimaste fondamentalmente le stesse. Neoliberismo e atlantismo due dogmi immutabili.

Ex generale Israeliano: l’esercito israeliano ha perso la guerra contro Hamas a Gaza, ha subito gravi perdite e perso moltissimi alleati

 

Ex generale Israeliano: l’esercito israeliano ha perso la guerra contro Hamas a Gaza

Un ex comandante militare israeliano confessa che il regime occupante ha perso contro Hamas nella guerra contro la Striscia di Gaza sotto assedio.

“Non si può mentire a molte persone per molto tempo”, ha detto domenica Yitzhak Brick, un generale israeliano in pensione, in un articolo pubblicato sul quotidiano in lingua ebraica Maariv .

“Quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza e contro Hezbollah in Libano prima o poi ci esploderà in faccia”, ha aggiunto l’alto ufficiale militare in pensione.

“Questo è lo scandalo più grave dalla creazione dell’esercito. Abbiamo già perso la guerra con Hamas (Movimento di resistenza islamica palestinese) e stiamo perdendo anche i nostri alleati nel mondo a un ritmo vertiginoso”, ha sottolineato l’ex generale israeliano.

L’esercito israeliano ha subito pesanti perdite nelle battaglie nel sud di Gaza
Ha inoltre affermato che l’esercito israeliano “non è preparato per una guerra regionale, che sarà migliaia di volte più difficile e seria della guerra nella Striscia di Gaza”.

Il generale in pensione dell’esercito israeliano ritiene vuota la promessa di Netanyahu di “annientare Hamas” e vede questo obiettivo lungi dall’essere raggiunto.

Giovedì Brick ha definito vana la promessa del primo ministro del regime sionista israeliano Benjamin Netanyahu di “annientare Hamas” e lo ha definito ben lungi dal raggiungere questo obiettivo.

Israele ha lanciato la sua brutale guerra genocida contro Gaza, appoggiata dagli Stati Uniti, il 7 ottobre, dopo che i gruppi della Resistenza Palestinese guidati da Hamas hanno effettuato un’operazione storica contro l’entità usurpatrice come rappresaglia per le intensificate atrocità del regime contro il popolo palestinese.

Nonostante la crescente pressione internazionale, l’entità illegale si è rifiutata di fermare la guerra nel territorio assediato, dove i combattenti palestinesi tengono prigionieri dozzine di israeliani.

“Se non riusciamo a restituire alcuni di quelli catturati vivi, questa guerra entrerà nella coscienza pubblica come il peggior fallimento nelle guerre di Israele… sia a causa del terribile colpo che abbiamo subito da Hamas il 7 ottobre 2023, sia a causa del doloroso fallimento dei combattimenti nella Striscia di Gaza”, ha aggiunto Brick.

Negli ultimi cinque mesi, il regime di Tel Aviv ha ucciso almeno 31.645 palestinesi, soprattutto donne e bambini, e ne ha feriti più di 73.676.

Il regime occupante ha inoltre imposto un “assedio totale” al territorio, tagliando carburante, elettricità, cibo e acqua agli oltre due milioni di palestinesi che vivono nella striscia e rischiano di morire per fame e malattie.

Nota: Questo comportamento delle autorità israeliane ha suscitato una ondata di indignazione e di condanna in tutto il mondo e la grande maggioranza dei governi dei paesi del mondo ha ripudiato le relazioni con Israele. Soltanto i paesi del blocco occidentale, Europa e Stati Uniti (con eccezione dell’Irlanda e pochi altri) hanno continuato a mantenere le relazioni con Israele e appoggiato le sue azioni genocide, sabotando le richieste di tregua presentate all’ONU.

Fonte: Hispan Tv

Traduzione e nota: Luciano Lago

Le unità russe hanno ripulito un altro insediamento dai militanti ucraini. Procede inesorabilmente la strategia russa di logoramento

 

Le unità russe hanno ripulito un altro insediamento dai militanti ucraini

Le forze armate russe hanno preso il controllo del paese di Mirnoye nella regione di Zaporozhye. Lo ha riferito il ministero della Difesa russo. Il dipartimento ha notato che le unità del gruppo di truppe Vostok si sono distinte nell’assalto alla direzione sud di Donetsk.

Inoltre, i combattenti hanno frenato il contrattacco del gruppo d’assalto della 72a brigata meccanizzata delle forze armate ucraine. Questo è accaduto nell’area del paese di Vodyanoye nella Repubblica popolare di Donetsk. Come risultato dei combattimenti, il nemico ha perso più di 120 militari e tre veicoli.

Il Ministero della Difesa rileva che nella direzione di Avdiivka nelle ultime 24 ore i militanti ucraini hanno effettuato nove tentativi di contrattacco. Gruppi d’assalto della 24a, 72a, 53a meccanizzata, 59a fanteria motorizzata, 3a d’assalto, 78a brigata d’assalto aviotrasportata delle Forze armate ucraine hanno cercato di prendere posizione nelle aree degli insediamenti di Vodyanoye, Leninskoye, Shumy, Novobakhmutovka, Berdychi e Pervomayskoe nel DPR.

Tuttavia, nonostante i tentativi di attacco, non sono riusciti a compiere progressi in questi settori. Il Ministero della Difesa ha osservato che gli attacchi nemici sono stati respinti dalle unità del gruppo Centro. Come risultato del lavoro coordinato, il nemico ha perso circa 380 persone.

Il 17 marzo il Ministero della Difesa russo ha confermato ufficialmente il pieno controllo russo del paese di Mirnoe nella regione di Zaporozhie. L’insediamento si trova a sud-ovest della città di Gulyai-Pole. La vittoria russa potrebbe segnare l’inizio di un’offensiva su larga scala in una nuova direzione.

Fonte: Tsargrad

Traduzione: Mirko Vlobodic

il popolo russo con l’87,14% dei voti ha confermato la fiducia al suo presidente. Le élite USA sono sull'orlo di una crisi di nervi

 

Dopo il trionfo di Putin nelle elezioni e il fallimento dell’offensiva ucraina, Biden, Blinken, Nuland e Burns sull’orlo di una crisi di nervi

di Luciano Lago

Gli specialisti americani non se lo aspettavano in queste proporzioni, mentre avevano riposto fiducia che le azioni aggressive e le infiltrazioni di terroristi in territorio russo, durante le elezioni, avrebbero “disturbato” la celebrazione elettorale.
Niente da fare, il popolo russo, in percentuale schiacciante (Putin ottiene l’87,14% dei voti, a spoglio completato) ha confermato la fiducia al suo presidente. Le azioni aggressive pianificate dal Pentagono e dalla Cia in territorio russo sono state un fallimento completo, lasciando a terra centinaia di morti tra i gruppi che hanno tentato l’infiltrazione nelle zone di frontiera russe.

Tanto meno è servita la martellante propaganda dei mega media occidentali e dei social nel convincere il popolo russo a disertare o a votare scheda bianca.
Al contrario quello di Putin è stato un trionfo che ha stabilito ancora una volta una fiducia immensa della stragrande maggioranza del popolo russo in Putin e nella sua politica di riaffermazione della Russia nel mondo.

Adesso i leader occidentali schiumano rabbia e parlano di “elezioni truccate”, loro che hanno una lunga tradizione nel truccare o manipolare le elezioni, oltre che nell’organizzare “rivoluzioni colorate”, ma in Russia non gli è riuscito.
Dalla Casa Bianca filtrano notizie secondo cui ci sono state riunioni a porte chiuse in una sala dove erano riuniti il presidente Biden, il segretario di stato Antony Blinken, la Victoria Nuland, l’addetto alla sicurezza Jake Sullivan, ai quali si è aggiunto dopo il direttore della CIA William Burns, convocato d’urgenza. Si sono sentite grida ed urla, riferisce una fonte che ha richiesto l’anonimato e si è capito che era in corso un “redde rationem” tra i vari responsabili per il fallimento delle operazioni sotterranee fatte tra Ucraina e Russia.

La Nuland ha appena presentato le dimissioni e Blinken si appresta a farlo tra breve. Biden non sembra abbia compreso perché accanto a lui gli altri urlavano, ha continuato a parlare a vuoto di “democrazia e regole”, ma poi è intervenuta una assistente per spiegargli quanto stava accadendo. Sembra che il direttore della CIA Burns si sia messo le mani tra i capelli ed abbia accusato Blinken e la Nuland di incompetenza ed i toni si sono accesi.

Certo è che l’establishment democratico USA non si trova in un buon momento, pressato dalla necessità di celare per quanto possibile la sconfitta in Ucraina, angustiato per la perdita di potere in Medio Oriente dove persino Netanyahu non fa più caso agli ordini ricevuti da Washington e neppure i guerriglieri dello Yemen hanno timore della macchina militare anglo americana e sfidano nel Mar Rosso il blocco occidentale che sostiene Israele.

A questo si aggiunge l’imbarazzo dopo che sono filtrate notizie della presenza in Ucraina di reparti della Nato, in precedenza sempre negata, con la necessità di rimpatriare le salme dei caduti dei consiglieri americani e di altri paesi della Nato uccisi a Odessa dall’ultimo attacco missilistico russo. Diventa sempre più difficile occultare le perdite all’opinione pubblica.

Adesso l’Amministrazione USA si trova di fronte al dilemma se proseguire l’escalation del conflitto, impegnando truppe della Nato sul campo o se richiedere una tregua che consenta agli ucraini di riorganizzarsi e riprendere le fila, se ci riescono. Dovrebbero anche “scaricare” il petulante ex comico Zelensky e toglierselo dai piedi, magari simulando un attentato dei russi. A questo ci deve pensare Burns con la CIA, loro sono specialisti nelle eliminazioni di personaggi scomodi.

Si stanno studiando varie alternative ma un nuovo fallimento in Ucraina, dopo quello dell’Afghanistan, sarebbe fatale per l’amministrazione Biden in vista delle elezioni presidenziali.
Questo spinge i responsabili dell’amministrazione Biden a cercare possibili capri espiatori e decidere in fretta il da farsi.
Nel frattempo il consumo di tranquillanti, alla Casa Bianca, sicuramente si trova in crescita.

Dopo la fine dell’Unione Sovietica, un'élite di paranoici si è impadronita della politica, finanza e dei media nell’illusione di governare il mondo.

 

L'Occidente paranoico la guerra l'ha persa trentatre anni fa

di Silvano Danesi - 18/03/2024

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L'Occidente paranoico la guerra l'ha persa trentatre anni fa

Fonte: Silvano Danesi

Savino Di Scanno, ieri, sul Nuovo Giornale Nazionale, ha scritto che non è vero che noi stiamo perdendo la guerra perché i russi la stanno vincendo, in quanto è più corretto dire che i russi la stanno vincendo perché noi l’avevamo già persa.
Quando l’abbiamo persa? Quando dopo il crollo dell’Unione Sovietica qualche intelligente paranoico ha pensato di avere in mano il mondo e di poterlo modificare a piacimento.
L’Unione Sovietica è crollata nel 1991. Sono trentatre anni che l’Occidente è diventato un manicomio gestito da paranoici che producono pazzie.
Ha ragione Savino Di Scanno quando dice che i russi fanno i russi, così, aggiungo, come i cinesi fanno i cinesi, gli indiani fanno gli indiani, gli arabi fanno gli arabi.
A nessuno di questi viene in mente di voler fare gli occidentali, così come vorrebbe la follia americana, che ritiene il suo modello di vita come l’unico da attuare sul pianeta.
E poi, quale modello di vita, dal momento che ci sputiamo in faccia ogni momento, ritenendo la civiltà occidentale talmente putrida e impresentabile da volerla cancellare? (Cancel culture).
Siamo noi che non facciamo gli occidentali, perché siamo entrati nel manicomio che va dalla Silicon Valley a Palo Alto, ai radical chic della sinistra Usa e che ha il suo corrispondente europeo a Davos, dove si tiene il World Economic Forum.
L’Occidente si è trasformato in un manicomio green, woke, autolesionista, masochista, animato da cupio dissolvi, corroso da ideologie demenziali, perché, dopo la fine dell’Unione Sovietica, un mondo di paranoici si è impadronito della politica, della finanza e dei media nell’illusione manicomiale di governare il mondo.
Quando il mondo dice : “No”, i paranoici “danno da matti”, come si diceva un tempo.
Solo che i paranoici, che istericamente si ribellano sui loro giornaloni all’idea che tre quarti del mondo non ne voglia sapere di loro, anziché rafforzare l’Occidente, essendo folli fino all’estremo, demotivano le masse occidentali, in particolare europee, con manovre da rapina, inducendo paura e rassegnazione.
Per i paranoici e i loro lacchè tutto deve confluire in una sola direzione: la Grande Scimmia, la finanza, custode della nuova religione di Mammona.
Va così, come scriveva ieri Il Tempo, che “sono ben 40, anche prestigiosi, i fondi sovrani di Paesi esteri che da anni guardano all’Italia come terra di conquista e oggi, in concomitanza con il varo della Direttiva Casa Green votata dal Parlamento Ue, hanno sferrato il loro piano d’attacco. Il potenziale di fuoco di questi attori è devastante: si parla di 4500 miliardi di euro, qualcosa come 2,8 volte il Pil italiano. Il tutto investito nell’immobiliare. Ma non più, attenzione, il patrimonio di beni statali, che pure è stato adeguatamente saccheggiato, ma proprio il mattone di proprietà individuale. La casa degli italiani, che per lo più l’hanno costruita a prezzo di enormi sacrifici”.
E’ questo l’Occidente che proponiamo? Un mondo dedito al furto con destrezza? Un Occidente che avvia i propri cittadini alla povertà, ad essere senza casa, senza un’automobile, nullatenenti in quanto la nullatenenza è la base della felicità, come ci hanno spiegato le follie di Davos?
Il fatto è che ce lo dicono e la fanno. Sono matti, autolesionisti, affossatori di una civiltà, ma agiscono avendo come unica logica la verticalizzazione del denaro e del potere all’interno del recinto occidentale, mentre gli altri li mandano a quel paese e si attrezzano a fare senza di loro. Anche con la guerra.
Prendiamo ad esempio i Brics?
Prendiamo un altro esempio: la sanità.
Da quando i globalisti occidentali (leggi Big Pharma e Bill Gates) hanno inteso sviluppare un Trattato Pandemico che permetterebbe all’OMS di dettare le emergenze “potenziali”, controllando i lockdown, le vaccinazioni e le restrizioni alla mobilità, alcune nazioni guidate dalla Russia, hanno detto no.
A settembre 2013, 11 Nazioni (per lo più africane) guidate dalla Russia, si sono opposte con una lettera formale alla risoluzione per l’approvazione del Trattato Pandemico. L’opposizione a un Trattato che elimini la sovranità nazionale è crescente.
Prendiamo un altro esempio attualissimo.
Mercoledì Vladimir Putin ha detto che la Russia rimane in uno stato di prontezza al combattimento ed è pienamente pronta per una guerra nucleare.
Nell’intervista ai media statali, Putin, che evidentemente pensava più che all’Occidente agli elettori russi che si recheranno alle urne da oggi a domenica, ha affermato che la Russia sarebbe pronta ad usare armi nucleari se la sua sovranità fosse minacciata.
“Da un punto di vista tecnico-militare siamo, ovviamente, pronti”, ha detto Putin alla televisione Rossiya-1 e all’agenzia di stampa RIA Novosti in risposta alla domanda se il Paese fosse davvero pronto per una guerra nucleare.
Il leader russo ha ribadito che l’uso delle armi nucleari è esplicitato nella dottrina nucleare del Cremlino, la cui politica stabilisce le circostanze in cui la Russia potrebbe usare le sue armi.
Putin ha però affermato che la Russia non ha mai avuto la necessità di utilizzare armi nucleari in Ucraina, dove il conflitto infuria dal febbraio 2022.
Che non ci sia un immediato pericolo di uso della armi nucleari lo affermano anche gli Usa.
"Non c'è nessuna indicazione che la Russia voglia usare l'arma nucleare contro l'Ucraina". Lo ha detto ieri la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre a bordo dell'Air Force One che stava portando ieri Joe Biden a Milwaukee”.
Al di là della propaganda, che è roboante da ambo le parti, qual è il messaggio di Putin?
Ai russi Putin dice che nessuno può permettersi di attaccare la Russia, in quanto, anche se mette la Nato nei Paesi Baltici, se l’Occidente osasse andare oltre si troverebbe coinvolto in una guerra nucleare. All’Occidente Putin dice che la Russia non accetterà mai di essere sottomessa ed è disposta anche ad arrivare ad uno scontro nucleare. Più chiaro di così.
Oggi siamo ben lontani da Hiroshima e Nagasaki, quando l’atomica era monopolio degli Usa e gli Usa la usarono senza alcun problema morale per incenerire due intere città giapponesi.
Oggi l’arma nucleare è un deterrente. Il suo uso significherebbe l’estinzione del genere umano e il ritorno alle caverne per pochi sopravvissuti.
L’Occidente come risponde? Sollevando condanne contro il dispotico zar di tutte le Russie, come se le condanne dei media occidentali avessero qualche potere sul Cremlino. L’Occidente ha incriminato, tramite la Corte dell’Aja, Putin per crimini di guerra e lo ha indicato come ricercato da catturare. La logica è sempre la stessa: l’Occidente è tutto e le sue istituzioni comandano il mondo. Non è così. Putin se ne fa un baffo della Corte dell’Aia, così come se ne fa un baffo dell’Onu uno che dell’Occidente è parte ed è stretto alleato degli Usa: Nethanyahu.
Il rapporto dell'intelligence americana noto come Valutazione annuale delle minacce di 2024 che l’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale ha pubblicato lunedì, afferma che “la sfiducia nella capacità di governo di Netanyahu si è approfondita e ampliata tra l'opinione pubblica rispetto ai livelli già elevati prima della guerra, e ci aspettiamo grandi proteste che chiedono le sue dimissioni e nuove elezioni".
Nel testo si afferma "un governo diverso e più moderato è una possibilità".
C’è un piccolo particolare. Queste sono le speranze dell’Amministrazione Biden e anche la propaganda della stessa, che sa benissimo che Biden deve prendere i voti degli islamici americani.
Nella realtà Netanyahu ha detto che andrà fino in fondo e gli Usa sanno bene che non possono staccarsi da Israele, in quanto è il loro riferimento essenziale nell’area mediorientale ed è l’attore che, a guerra di Gaza finita, darà ombrello atomico ai Paesi arabi sunniti che, non a caso, protestano debolmente per quanto avviene a Gaza.
Ombrello atomico contro l’Iran. Deterrenza.
I russi fanno i russi, gli arabi fanno gli arabi e Israele fa Israele, nonostante le lamentazioni, le minacce, le disapprovazioni di un Occidente manicomiale che, mentre cresce nel mondo l’opposizione alle sue strategie, si indebolisce indebolendo le proprie popolazioni, sfiduciandole e opprimendole.
Ecco perché la guerra l’abbiamo persa trentatre anni fa. Perché al potere è arrivato il manicomio.
Possibile cambiare. Sì. Alla svelta, di corsa, mandando a casa i matti e ricostituendo il governo dei sani di mente. Sostituendo all’ideologia la realpolitik.


Nel febbraio del 2020, quando si registrarono i primi casi di Covid in Italia Agamben scrisse: L’invenzione di un’epidemia, aveva colto perfettamente nel segno

 Opinion | Giorgio Agamben, the Philosopher Trying to Explain the ...

L'invenzione di una epidemia

di Silvio Dalla Torre - 18/03/2024

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L'invenzione di una epidemia

Fonte: Silvio Dalla Torre

Nel febbraio del 2020, quando si registrarono i primi casi di Covid in Italia e vennero isolati alcuni piccoli comuni del Veneto e della Lombardia, Giorgio Agamben scrisse sul Manifesto un articolo dal titolo significativo : L’invenzione di un’epidemia.
L’autore, che fino al giorno prima era considerato uno dei più importanti filosofi del pianeta, venne immediatamente isolato dall’intero mondo intellettuale italiano, che lo trattò alla stregua di un rimbambito. Anche il giornale su cui era apparso l’intervento prese le distanze dal suo prestigioso commentatore.   Il denigratorio epiteto di “negazionista” servì da allora a qualificare chi esprimeva dei dubbi sulla narrazione ufficiale e sulle politiche sanitarie messe in campo dal governo italiano (al nostro misero paese era stato assegnato il compito di battistrada) e poi, a ruota,  da tutti gli altri governi dell’Occidente.
A distanza di quattro anni dagli eventi risulta evidente che l’articolo di Giorgio Agamben aveva colto perfettamente nel segno, soprattutto se diamo alla parola “invenzione” non il significato di “narrazione fantastica”, ma quello, etimologicamente più corretto, di “ingegnosa trovata”.
In effetti, tutto, nella vicenda dell’epidemia, è stato costruito in modo artificiale: il virus, che è stato realizzato in laboratorio e forse deliberatamente rilasciato; le misure intraprese ( i lockdown, la chiusura delle scuole e degli ospedali, l’uso delle mascherine, la vaccinazione di massa), che  avevano poco a che fare con la salute dei cittadini e molto con l’ingegneria sociale; la mobilitazione del sistema mediatico, che ha profuso terrore a piene mani, censurando in modo ferreo ogni opinione divergente. Azioni di questo tipo presuppongono una lunga preparazione e una  accurata pianificazione. Il fatto che la stragrande maggioranza delle persone abbia aderito sinceramente alla narrazione ufficiale non la rende meno falsa ed artificiale ma dà soltanto l’ennesima conferma che negli uomini alberga uno spirito gregario  pronto a manifestarsi  nei momenti di crisi.
Si è trattato, a conti fatti, di una delle intraprese più scellerate che la storia dell’umanità ricordi. Rilasciare un virus nocivo, relegare in casa per mesi milioni di persone, stravolgere il naturale corso della vita dei bambini e degli anziani, promuovere sistemi di cura inefficaci o nocivi ( in primis la vaccinazione ) e proibire quelli efficaci, istituire crudeli discriminazioni, estendere il controllo sulla vita dei singoli a livelli impensabili: queste non sono barzellette, sono  dei crimini contro l’umanità. Oltre a provocare, in modo diretto o indiretto, milioni di morti, lasceranno una traccia indelebile nella mente e nella psiche di milioni di persone.
A distanza di quattro anni dall’articolo di Agamben dobbiamo purtroppo prendere atto che gli obiettivi di chi ha promosso questa terribile svolta sono stati raggiunti.  L’epidemia non ha soltanto velocizzato di due decenni il processo di digitalizzazione che era gia in corso, ma ha avuto anche altre conseguenze. Sono state sdoganate pratiche di governo, fino a poco fa ritenute inaccettabili,  come sospendere la libertà di movimento, imporre col ricatto  trattamenti sanitari, censurare preventivamente le opinioni degli oppositori e bloccarne i conti bancari, sottrar loro il lavoro, controllare elettronicamente gli spostamenti dei singoli, calpestare il diritto allo studio e alla cura. Non dobbiamo farci illusioni al riguardo. Per quanto si sia apparentemente tornati alla normalità, nulla garantisce che in un prossimo futuro pratiche di questo tipo, col pretesto di nuove emergenze, vengano reintrodotte.
In questo senso la svolta promossa dall’epidemia è stata di lunga portata.

a livello globale la fascia di età over 65 sarà il mercato che crescerà di più nei prossimi 15 anni. negli USA il 70% del reddito disponibile è detenuto da loro

 Cattura l'amore puro tra coppie di anziani e le immagini sono davvero ...

L’economia dei vecchi. È il mercato degli over 65 il grande business

Le aziende si stanno adattando all’invecchiamento della popolazione in tutto il mondo: nuovi prodotti, nuove politiche del personale e nuove tattiche di marketing.

Come ha detto Giorgia Meloni, il nostro paese è destinato a scomparire! Secondo i dati della Banca Mondiale, nel 2022, il 24% della popolazione italiana aveva 65 anni o più. Ma non siamo quelli messi peggio, visto che in Giappone questa percentuale è del 30%.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che la percentuale della popolazione mondiale con più di 60 anni quasi raddoppierà tra il 2015 e il 2050, raggiungendo 2,1 miliardi di persone. Un cambiamento ancora più accentuato in paesi come l’Italia.

Sani e ricchi fino a 90 anni

Dal punto di vista economico questi stravolgimenti anagrafici generano un impatto stravolgente. Le aziende che si sono trovate a lottare con la debole domanda di prodotti come pannolini e alimenti per bambini stanno correndo ai ripari lanciando nuovi prodotti per l’incontinenza e bevande proteiche per sostenere l’invecchiamento dell’organismo.

Con sempre più persone che arrivano sane (e ricche) fino ai 90 anni, la domanda per prodotti e servizi per anziani è in aumento. Dai viaggi per anziani alla chirurgia estetica per rimuovere il doppio mento e le rughe, fino ad arrivare ai servizi per incontri tra over 65, il mercato è in forte aumento.

Secondo Ogilvy, società pubblicitaria, a livello globale la fascia di età over 65 sarà il mercato che crescerà di più nei prossimi 15 anni. Le economie sviluppate stanno già sperimentando l’enorme potere di spesa degli anziani e, anche in Asia non sarà diverso, pur se con qualche ritardo. Per esempio, già ad oggi, in Cina la fascia demografica in più rapida crescita è quella degli ultraottantenni.

Il malloppo nazionale è nelle mani degli anziani

Come ha rivelato Global Coalition on Aging, negli Stati Uniti il 70% del reddito disponibile è detenuto da persone di età pari o superiore a 60 anni ed è più o meno lo stesso in Europa, Cina e Giappone.

Mentre in passato i consumatori più anziani venivano spesso ignorati perché sopravvivevano con misere pensioni e non spendevano i propri risparmi come i giovani, adesso questo quadro è cambiato radicalmente.

Perciò le aziende si sono buttate su questo enorme e crescente mercato. Per facilitare lo shopping online aziende come Easyfone hanno introdotto una serie di modelli di telefoni cellulari progettati specificatamente per gli utenti più anziani, con volume più alto, display più grandi, interfacce più semplici e immagini opzionali al posto dei numeri per la chiamata rapida. La giapponese Panasonic ha prodotto uno smart stick, un bastone intelligente che aiuta a fornire assistenza per l’equilibrio e invia avvisi se l’utente cade.

“Largo ai vecchi!”

Una delle maggiori aree di crescita è il mercato dei prodotti nutrizionali mirati direttamente all’invecchiamento. Abbott Laboratories ha annunciato che dismetterà i suoi prodotti per l’alimentazione infantile in Cina, sostituendoli con prodotti per l’alimentazione degli adulti.

Nel nuovo mondo che ci aspetta nulla sarà come prima e il marketing se ne è accorto da tempo. Il nuovo slogan per i prossimi decenni, per quanto triste e apparentemente contro natura, sarà uno solo: “Largo ai vecchi!

Il riciclo della plastica è una frode per ingannare i consumatori? Il riciclo su vasta scala ai produttori non conviene

 In Italia solo il 43% della plastica raccolta viene riciclato - LifeGate

Il riciclo della plastica è una frode per ingannare i consumatori?

Un recente studio accusa le grandi compagnie petrolifere e i produttori di plastica di condurre una campagna fraudolenta e ingannevole sul riciclo dei loro prodotti.

È appena stato pubblicato un report internazionale (The Fraud of Plastic Recycling) sullo stato dell’arte del riciclo della plastica. Un duro atto di accusa ai produttori di plastica e alle grandi compagnie petrolifere che avrebbero condotto campagne fraudolente per ingannare i consumatori.

Il Center for Climate Integrity (CCI), con sede negli Stati Uniti, accusa le società di combustibili fossili e altre società petrolchimiche di disinformare in mala fede il pubblico da decenni. Big Oil e l’industria della plastica hanno ingannevolmente promosso il riciclo come soluzione alla gestione dei rifiuti nonostante la conoscenza di lunga data che il riciclo della plastica non è tecnicamente o economicamente fattibile su larga scala.

Un grande inganno ai danni di consumatori, politici e regolamentatori

Il report in questione afferma senza mezzi termini che le aziende petrolchimiche hanno ingannato consumatori, politici e regolatori sulla fattibilità del riciclo della plastica. Il motivo? Per assicurarsi la la possibilità di espandere la propria produzione che, come è sotto gli occhi di tutti, ha portato ad una crisi di rifiuti di plastica e inquinamento che sta colpendo numerose comunità negli Stati Uniti e in tutto il mondo.

Secondo il CCI, i costi della gestione e della bonifica di questo tipo di rifiuti sono in gran parte sostenuti dalle amministrazioni locali o dallo Stato e si prevede che tali costi aumenteranno in modo esponenziale nei prossimi decenni. Tutto ciò, nell’illusione che sia possibile realizzare un’economia circolare con il riciclo della platica, alimentata da pubblicità fuorviante e ingannevole promossa dall’industria della plastica. In realtà, il riciclo della plastica, sia che vengano utilizzate tecnologie tradizionali che avanzate, viola i principi fondamentali della circolarità.

La raffinazione e il riutilizzo della plastica non è fattibile su larga scala

Di fatto, le aziende petrolchimiche non hanno intenzione di ridurre al minimo l’estrazione delle risorse necessarie alla produzione della plastica, ma piuttosto pianificano di espandere in modo significativo l’estrazione per la produzione di resina vergine. Quello che ripetono è che i sottoprodotti chimici ottenuti attraverso queste tecnologie possono essere raffinati e utilizzati per produrre nuove plastiche e prodotti. Tuttavia, ciò non si è dimostrato fattibile su larga scala.

Sempre secondo il CCI, le società produttrici di combustibili fossili e le altre società petrolchimiche dovrebbero essere ritenute responsabili dei danni ambientali provocati dalla plastica, proprio come le società produttrici di tabacco.

Un recente studio dimostra che l’effetto serra provocato dalla CO2 sul quale si basa l’ipotesi del riscaldamento globale è fisicamente irreale.

 Il riscaldamento del nostro pianeta - lezioniignoranti

È ARRIVATA LA DIMOSTRAZIONE SPERIMENTALE CHE L’EFFETTO SERRA DELLA CO2 NON ESISTE!

Del Professore Domenico Salimbeni – 7 Settembre 2023

Mi ha fatto veramente piacere scoprire che l’8 luglio 2023 Science of Climate Change, rivista scientifica indipendente senza scopo di lucro dedicata alla pubblicazione e alla discussione di articoli di ricerca, brevi comunicazioni, e articoli di revisione su tutti gli aspetti del cambiamento climatico, ha accettato, dopo la revisione, l’articolo del membro dell’Accademia delle Scienza ungherese Ferenc Miskolczi “Greenhouse Gas Theories and Observed Radiative Properties on the Earth’s Atmosphere” (Teorie sui gas serra e sulle proprietà infrarosse osservate dell’atmosfera terrestre).

L’articolo è il risultato di una lunga ricerca che analizza lo stato di equilibrio radiativo medio globale del sistema Terra-atmosfera già approfondito nell’ultimo decennio anche con lo sviluppo di equazioni teoriche fondamentali. E ha dimostrato che, utilizzando le leggi consolidate della fisica delle radiazioni, i parametri climatici chiave del pianeta possono essere dedotti teoricamente, da considerazioni puramente astrofisiche che sfruttano anche plausibili ipotesi sulla composizione materiale della superficie planetaria e sulla struttura dell’atmosfera. È stato inoltre dimostrato che il sistema Terra-atmosfera è in equilibrio radiativo con una costante solare teorica, e che tutte le componenti globali della densità di flusso media soddisfano le aspettative teoriche. Ma soprattutto mi fa veramente piacere la dimostrazione scientifica che la teoria dell’effetto serra di Arrhenius sulla quale si basa la teoria del riscaldamento globale non è coerente con l’esistenza di questo equilibrio radiativo. Un risultato importantissimo, perché dimostra che l’effetto serra provocato dalla CO2 sul quale si basa l’ipotesi del riscaldamento globale è fisicamente irreale. E questo risultato sperimentale supporta e conferma quanto ho recentemente scritto io nei seguenti tre post:

✓ SCOMODA VERITÀ n° 23 su GW/CC (Global Warming/Climate Change): IL RISCALDAMENTO GLOBALE È “FISICAMENTE” IMPOSSIBILE! (15 aprile);

✓ SCOMODA VERITÀ n° 23bis su GW/CC (Global Warming/Climate Change): IL RISCALDAMENTO GLOBALE DESCRITTO DALL’IPCC È “FISICAMENTE” IMPOSSIBILE! (6 maggio);

✓ SCOMODA VERITÀ n° 27 su GW/CC (Global Warming/Climate Change): I CALCOLI CHE UTILIZZA L’IPCC PER VALUTARE GLI EFFETTI DEL GLOBAL WARMING SONO SMENTITI DALLA TERMODINAMICA! (15 maggio);

Ma basandomi esclusivamente sulle cognizioni elementari della Fisica, e in particolare della Termodinamica, e forse facendo sorgere in qualche amico il dubbio che avessi “bevuto”, nonostante gli avvertimenti di Antonella Viola (ma sono totalmente astemio), e che stessi scrivendo “sciocchezze” in contrasto con un “principio ormai assodato e non più discutibile”. Cognizioni di cui, evidentemente, gli “esperti del clima” non sono in possesso, pertanto non sono in grado di capire che: l’effetto serra di per sé, e l’effetto serra della CO2 con l’ipotesi del riscaldamento globale basata sui suoi effetti, sono un pericoloso artefatto, politicamente ben motivato ma totalmente privo di qualsiasi base teorica o empirica. Il nostro Pianeta, infatti, “obbedisce” alle leggi fondamentali della fisica delle radiazioni, e dimostra in questo modo di conoscere dette leggi, quindi di essere molto più “colto” degli “esperti del clima”.

L’articolo che ho citato ignora completamente il problema dell’eventuale cambiamento della temperatura superficiale della Terra, perché focalizza l’attenzione sulle questioni teoriche e sperimentali dell’effetto serra ottenendo, e dimostrando, un risultato importantissimo: il fondamento teorico della struttura radiativa osservata dell’atmosfera terrestre.

Il nostro pianeta “gode di un clima globale stabile” perché il ciclo idrologico obbliga il sistema climatico a mantenere l’umidità caotica dell’alta troposfera e il campo dei venti, l’equilibrio della copertura nuvolosa e delle precipitazioni, e sposta il calore latente fra i diversi serbatoi geologici, come richiesto dal sistema planetario energetico. Il ruolo dei gas serra non condensanti deriva dal fatto che non partecipando al ciclo idrologico non possono contribuire alla produzione di entropia (misura del disordine presente in un sistema fisico), ma possono regolare la densità del flusso trasmesso al livello richiesto dalle equazioni di Milne-Eddington. La terminologia dell’effetto serra dei climatologi si riferisce alla differenza di temperatura, in regime stazionario, fra la temperatura radiativa Ts della superficie del suolo e la temperatura Ta di assorbimento del flusso solare (SW) planetario. Tuttavia, la temperatura di cielo sereno e la relativa densità di flusso sono costanti, perché non possono violare l’equilibrio radiativo planetario e i principi di conservazione dell’energia: qualsiasi perturbazione dello spessore ottico del flusso da parte dei gas serra non condensanti forzerà il ciclo idrologico ripristinando lo stato di equilibrio teorico.

Qualsiasi perturbazione dello spessore ottico del flusso da parte dei gas serra non condensanti forzerà il ciclo idrologico ripristinando lo stato di equilibrio teorico. Qualsiasi fenomeno fisico previsto dalla teoria di Arrhenius dell’effetto serra riferito alla concentrazione della CO2 è quindi incoerente con l’esistenza del CRE (Equilibrio radiativo di tipo Chandrasekhar). Pertanto, l’effetto serra della CO2 utilizzato nell’attuale ipotesi del riscaldamento globale è impossibile! Dunque anche l’ipotesi del riscaldamento globale basata sull’effetto serra determinato dalla concentrazione della CO2 è un artefatto senza alcuna base teorica o empirica (come lo schema allegato della NASA).

Nessuna descrizione della foto disponibile.

L’articolo dimostra dunque che Michael Mann, il famoso autore principale del grafico “Hockey Stick”, aveva ragione quando all’inizio di quest’anno si è scagliato con veemenza contro i ricercatori (veri) Gianluca Alimonti, Luigi Mariani, Franco Prodi e Renato Angelo Ricci con l’intento di supportare la richiesta di cancellazione di un loro articolo pubblicato da Springer Nature affermando: sono un esempio di scienziati provenienti da “campi totalmente estranei” che applicano ingenuamente metodi inappropriati a dati che non capiscono: lui conosce bene il significato di quell’affermazione, infatti è uno dei primi esempi di scienziahti provenienti da campi totalmente estranei alla Fisica (di cui la climatologia è innegabilmente una branca) che hanno applicato ingenuamente (io però sono convinto “in malafede”, come dimostra il Climategate) metodi inappropriati (la teoria dell’effetto serra) a dati (la concentrazione della CO2) che non capiscono! Seguito purtroppo negli ultimi 25 anni da scienziahti del medesimo stampo che, pensando di farsi credere all’avanguardia scientificah, continuano a trattare, loro probabilmente davvero ingenuamente e per ignoranza, argomenti che non capiscono.

Sarebbe opportuno pertanto che i Governi occidentali prescrivessero per tutti coloro che si definiscono scienziahti climatologi l’integrazione del ciclo di studi con almeno due anni di Fisica e Termodinamica insegnate da professori certificati non climatologi.

Invito quindi il ministro Giuseppe Valditara, che sembra voglia rovinare la scuola tecnica professionale con direttive copiate da quelle disastrose del ministro Luigi Berlinguer del 1996÷1999 il quale è riuscito a declassare le Facoltà di ingegneria italiane dalla “serie A” in cui erano state classificate da una ricerca europea sino alla “serie C” in cui erano state classificate le Facoltà di ingegneria di Francia e Germania, nazioni che sono riuscite a bloccare la pubblicazione ufficiale della ricerca per evitare la figuraccia che meritavano, a non perdere tempo con le berlinguerate e prevedere l’istituzione di un corso di studi di “recupero” per climatologi di natura ovina.

Putin non è il Dottor Stranamore: l’isteria sulla minaccia nucleare russa è ingiustificata, basta studiare la dottrina militare russa


Quando si parla di armi nucleari, ogni qualvolta un esponente del governo russo – sia esso il presidente russo Vladimir Putin o il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitrij Medvedev – si esprime sull’argomento, in Occidente si scatena il panico. O perlomeno, è ciò che traspare leggendo la stragrande maggioranza dei media e dei giornali. A scatenare l’isteria generale è stato proprio Putin, il quale ha recentemente ribadito che la Russia è “preparata” per una guerra nucleare qualora ci fosse una minaccia all’“esistenza dello Stato russo” o un “danno alla nostra sovranità e indipendenza”, come delineato nella dottrina nucleare russa. “Le armi – ha aggiunto Putin – esistono per essere usate”.

Il 28 febbraio scorso, Max Seddon del Financial Times ha pubblicato un articolo nel quale menziona alcuni documenti segreti russi redatti tra il 2008 e il 2014. Secondo il Financial Times, i documenti classificati descrivono una soglia per l’uso di armi nucleari tattiche che è più bassa di quanto Mosca abbia mai ammesso pubblicamente: i criteri per una potenziale risposta nucleare vanno da un’incursione nemica sul territorio della Federazione a cause più specifiche, come la distruzione del 20% dei sottomarini russi con missili balistici strategici. Negli scenari ipotizzati da Mosca, anche un piano per rispondere a un’invasione da parte della Cina.

L’isteria sulle armi nucleari

Senza minimizzare il potenziale rischio di un conflitto nucleare che avrebbe conseguenze catastrofiche e inimmaginabili per il destino dell’umanità, non c’è nulla di veramente sorprendente né nelle dichiarazioni del leader russo, né nei documenti trapelati e citati dal Financial Times.

A smontare il melodramma dei media è Nikolas K. Gvosdev, direttore del Programma di sicurezza nazionale del Foreign Policy Research Institute, think tank statunitense con sede a Filadelfia, in Pennsylvania, in un’analisi pubblicata sull’illustre rivista The National Interest. Innanzitutto, come osserva Gvosdev, va fatta una premessa che può sembrare banale ma non lo è: le istituzioni militari di tutto il mondo devono “prevedere e prepararsi a qualsiasi scenario”, per quanto improbabile. Gli Stati Uniti, osserva infatti l’esperto, “hanno mantenuto piani di guerra per un’invasione del Canada fino al XX secolo”.

Gli unici veri alleati di Mosca? “Il suo esercito e la sua marina”

Gli stati sono consapevoli di agire in un sistema di anarchia internazionale nel quale ogni nazione è impegnata a massimizzare la propria sicurezza. Anche – se necessario – attraverso l’uso della forza. Per tale motivo Moscia ha preparato un piano per affrontare un eventuale, per quanto improbabile, invasione da parte della Cina. Oggi i due Paesi sono uniti da una partnership strategica che mira a sfidare l’egemonia statunitense, anche se non si tratta di un’alleanza e le due potenze non hanno (del tutto) dimenticato i vecchi dissapori e la crisi sino-sovietica degli anni ’60. In ogni caso, anche se i rapporti sono notevolmente migliorati negli ultimi 30 anni, è normale che Mosca – e Pechino – si preparino a qualsiasi tipo di scenario ed eventualità.

Come nota Gvosdev, infatti, mentre i documenti top secret trapelati “sono stati scritti tra il 2008 e il 2014, durante l’amministrazione Obama”, lo Stato Maggiore russo “ha una visione a lungo termine. Gli attuali partner di oggi – osserva – tra cui Turchia e Cina, sono stati in passato rivali strategici”. Pertanto, “l’establishment della sicurezza nazionale russa rimane guidato dalla massima dello zar Alessandro III, che osservava che gli unici veri e duraturi alleati della Russia sono il suo esercito e la sua marina”.

La chiave è nella dottrina russa

Non solo: i documenti potrebbero essere stati fatti divulgare volutamente per lanciare un messaggio ai rivali strategici in occidente – ma anche agli “amici” di Pechino – che la Russia può utilizzare armi tattiche nucleari in qualsiasi momento. Altro aspetto da considerare, per quanto concerne invece le dichiarazioni di Putin: oltre al fatto che il leader russo è in campagna elettorale e vuole dare l’immagine del leader forte e pronto a tutto pur di difendere il proprio Paese – per quanto l’esito delle elezioni sia scontato – il presidente russo ha semplicemente ripetuto ciò che scrive nero su bianco la dottrina russa in materia di armi nucleari. Non c’è nulla di nuovo o di veramente rilevante nelle sue recenti dichiarazioni che hanno evocato scenari apocalittici da Dr.Stranamore. Perché per quanto sia un ottimo tattico e un abile stratega, il leader russo sa essere anche piuttosto prevedibile.

La deterrenza nucleare, si legge all’articolo 9 della dottrina russa sulle armi nucleari, in uno dei passaggi più rilevanti, “ha lo scopo di garantire che i potenziali avversari comprendano l’inevitabilità della ritorsione in caso di aggressione contro la Federazione Russa e (o) i suoi alleati”. Inoltre, la Russia “si riserva il diritto di usare armi nucleari in risposta all’uso di armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa contro di essa e (o) i suoi alleati”, così come “in caso di aggressione contro la Federazione Russa con l’uso di armi convenzionali, quando l’esistenza stessa dello Statè minacciata”. C’è qualcosa di diverso da quello che ha detto Putin? Pare proprio di no.