Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Il successo del Marchio d'Area Altamarca Trevigiana ci deve far riflettere ... Il Monferrato non è da meno, deve solo convincersi ed agire





Il Marchio d'Area Altamarca Trevigiana va a gonfie vele ed il suo successo ci deve far riflettere. Il sistema di rete e le sinergie hanno successo. Cento nuovi soci per un progetto di marketing territoriale, e molti altri sono in attesa di aderire, per favorire una forte aggregazione e progettualità per valorizzare il localismo. Oggi più che mai c’è bisogno di una identità territoriale strategicamente forte, che valorizzi il paesaggio e le eccellenze antropiche e naturalistiche e si manifesti tramite un marchio di qualità territoriale che deve attrarrre sia il turismo vacanziero enogastronomico che quello culturale (alla ricerca di conoscenza), sempre più in aumento ed autonomo (si muove sfruttando Internet). Come Gruppo Gevam Onlus sono parecchi anni che insistiamo su questo percorso anche a proposito del Monferrato, sia proponendo un marchio territoriale comune a tutto il Monferrato Storico (abbiamo già depositato il marchio all'ufficio brevetti e disponiamo di alcuni progetti di valorizzazione già elaborati), sia insistendo sul fatto che si deve lavorare su comuni obiettivi condivisi, coinvolgendo tutte le realtà appartenenti al Monferrato Storico. Riteniamo anche che sia essenziale che l'iniziativa debba essere avviata e coordinata dalla Città di Casale Monferrato, che storicamente è l'unica che si possa definire Capitale del Monferrato, altre ipotesi verrebbero considerate arbitrarie ed opportunistiche e qiundi sospette di voler abusare di titoli non posseduti, e si partirebbe col piede sbagliato, costretti poi a bluffare e millantare verso i turisti, che meritano rispetto, a partire dal back ground storico culturale dei luoghi di accoglienza che non può essere artefatto. Cordiali saluti. Claudio Martinotti, Presidente Gruppo Gevam Onlus.

Il Marchio d'Area Altamarca Trevigiana va a gonfie vele. Ottenuto il riconoscimento giuridico del Governo italiano. Cresce l’impegno di valorizzazione istituzionale per un sistema di rete efficace
Fonte: TEATRO NATURALE Settimanale Telematico del Mondo Rurale, http://www.teatronaturale.it
di C. S.
Altamarca raccoglie allori e consenso. Il sistema rete e le sinergie hanno successo. Lentamente emerge una voglia di fare azioni comuni per il territorio. “ Altamarca è un marchio d’Area e un marchio Doc naturale - sottolinea Giampietro Comolli . E’ un punto di riferimento per tutte le Colline Venete. Una meta turistica in grande sviluppo e successo grazie al Prosecco Spumante. Posizione invidiata da tutti perché punto di unione fra Venezia e le Dolomiti di Cortina “
Sono 12 gli enti pubblici, 28 le case spumantistiche, 55 fra ristoranti, alberghi, locande, agriturismi che fanno sistema e puntano sul marchio d’area “Altamarca”. Altamarca associazione è stata recentemente riconosciuta come persona giuridica dal Governo italiano tramite la Prefettura di Treviso, segno che la funzione istituzionale e la rappresentatività superpartes è garantita per tutti gli associati e si presenta come strumento del sistema progettuale di un territorio di 41 comuni che necessita di una configurazione di immagine unitaria e aggregante di tutte le peculiarità. Altamarca ha presentato al GAL e IPA un progetto unico legato alla “ informazione e conoscenza del territorio , dei suoi eventi e dei suoi prodotti”, come grande distretto agro-eno-gastronomico turistico per tutta la provincia di Treviso.
La adesione della Latteria Soligo è indispensabile per promuovere i formaggi del territorio, dalla Dop Casatella ( uno dei pochissimi formaggi freschi della cultura italiana) ai più stagionati come il Soligo che si integrano con gli altri prodotti delle malghe, dal Montasio all’Imbriago.
Lo chef Cristian Mometti del ristorante “Alla Terrazza” di Asolo, dove avvenivano gli incontri fra Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio, è stato premiato come migliore cuoco ad Erba. Altri nuovi soci sono “Casa Brusada”, “Enoteca al Brolo”, “Hotel Al Sole”, “Enoteca Valdobbiadene” e tanti altri. Con le associazioni della Strada dei vini Colli Asolani e Montello e dei vini Prosecco Conegliano Valdabbiadene si sono svolte iniziative comuni alle fiere di Salisburgo in Austria, di Milano-Linate, di Vicenza-Gitando e di Verona-Vinitaly con grande successo di pubblico al ristorante “ Altamarca”, gestito dai cuochi associati.
“L’ Altamarca Trevigiana – sottolinea Diamante Luling Buschetti, presidente della Strada dei Colli Asolani e Montello - deve essere segno di aggregazione e di progettualità per valorizzare nel suo insieme le diverse piccole matrici territoriali e comunali, oggi più che mai c’è bisogno di una identità strategica forte delle singole diversità”.
Infatti l’Altamarca ha una sua peculiarità enogastronomica, una destinazione turistica rivolta al tempo libero, alla cultura e al benessere, cioè si differenzia e si caratterizza da altre realtà provinciali e regionali. Diversi le imprese in procinto di entrare e gli enti pubblici che hanno già dichiarato di aderire entro il 2009, dopo le elezioni di giugno. Ma il successo della Associazione sul territorio è evidente essendo passata da 30 soci a gennaio 2007 agli attuali 100, un risultato del lavoro della attuale dirigenza.
"Il successo dell’Altamarca – dice Giampietro Comolli – sta in un territorio che ha nel benessere e nella valorizzazione del paesaggio i fattori determinanti, come un parco produttivo alimentare. L’associazione Altamarca è lo strumento giusto per governare e indirizzare istituzionalmente il progetto orizzontale delle imprese e per far conoscere il territorio in un ambito nazionale.“
Floriano Zambon, presidente di Altamarca, evidenzia che “ altri enti pubblici, istituzioni e imprese private stanno per aderire, segno che c’è necessità di fare sistema unitario e trasversale, nel rispetto di tutte le diversità operative ma in una ottica di valorizzazione di un marchio di qualità territoriale che deve diventare destinazione sia di vacanza che di conoscenza. Il conforto viene anche dai dati turistici che fa registrare l’Altamarca rispetto ad altri territori regionali e collinari nazionali “.
Fonte. Claudia Peruzzo
di C. S.
25 Aprile 2009 TN 16 Anno 7

I templari e la sindone. La storia di Monferrato si intreccia con la Sacra Reliquia della Cristianità e coi Templari

Secondo gli studi recenti condotti dalla storica vaticanista Barbara Frale, i templari nel medioevo custodirono la Sacra Sindone. Nel 1204 fu trafugata da Costantinopoli durante il saccheggio della IV Crociata, che fu comandata da Bonifacio di Monferrato. La Storia di Monferrato si intreccia quindi con quella della Sacra reliquia del cristianesimo ...
Fonte divulgativa: Gruppo di Studi e Ricerche sui Templari in Monferrato http://www.templariinmonferrato.blogspot.com






















I templari e la sindone. I documenti dimostrano che il telo fu custodito e venerato dai cavalieri dell'ordine nel XIII secolo
Fonte primaria: L'Osservatore Romano, http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/079q04a1.html - Sezione Cultura
I documenti dimostrano che il telo fu custodito e venerato dai cavalieri dell'ordine nel XIII secolo
I templari e la sindone di Cristo è il titolo di un nuovo libro che Il Mulino pubblicherà prima dell'estate. L'autrice, addetto dell'Archivio Segreto Vaticano che ha studiato il processo contro il famoso ordine militare del medioevo, ha già pubblicato sul tema altri volumi - L'ultima battaglia dei Templari. Dal codice ombra d'obbedienza militare alla costruzione del processo per eresia (Roma, Libreria Editrice Viella, 2001, pagine 337, euro 24, 79); Il Papato e il processo ai Templari. L'inedita assoluzione di Chinon alla luce della diplomatica pontificia (Roma, Libreria Editrice Viella, 2003, pagine 239, euro 20); I Templari (Bologna, Il Mulino, 2004, pagine 193, euro 12; nuova edizione, 2007); Notizie storiche sul processo ai Templari (in Processus contra Templarios, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2007, pp. 103-249) - e anticipa in questo articolo i contenuti del suo ultimo studio.
di Barbara Frale
Nell'anno 1287 un giovane di buona famiglia del meridione francese, chiamato Arnaut Sabbatier, chiese e ottenne di entrare nell'ordine religioso e militare dei templari: qualcosa che nella società del tempo costituiva un gran privilegio sotto molti punti di vista. Nato a Gerusalemme poco dopo la prima crociata, con la missione di difendere i cristiani di Terrasanta, quello del Tempio diventò ben presto l'ordine più potente e illustre del medioevo cristiano.
Durante la sua cerimonia d'ingresso, dopo aver preso i tre voti monastici di povertà, obbedienza e castità, il precettore condusse il giovane Arnaut in un luogo chiuso, accessibile ai soli frati del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo di lino che portava impressa la figura di un uomo e gli impose di adorarlo baciandogli per tre volte i piedi.
Questa testimonianza proviene dai documenti del processo ai templari ed è quasi sconosciuta agli storici poiché rappresenta una goccia nel mare per chi debba studiare le intricatissime vicende di quel grande complotto innescato nel 1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello ai danni del Tempio, divenuto ormai quasi uno Stato autonomo all'interno del suo regno. Tuttavia quel documento possiede un valore di primo piano per chi sia interessato a indagare le dinamiche di un'altra storia: quella che segue il trasferimento della sindone di Torino dalla corte degli imperatori bizantini - dove era rimasta fino all'anno 1204 - verso l'Europa, dove ricompare a metà del XIV secolo, nelle mani di una nobile famiglia francese.
Nel 1978 uno storico laureatosi a Oxford, Ian Wilson, aveva ricostruito le peripezie storiche della sindone mettendo in evidenza come il telo, considerato la più importante reliquia della passione di Cristo, fosse stato rubato dalla cappella degli imperatori bizantini durante il tremendo saccheggio consumato durante la quarta crociata nel 1204.
Wilson metteva a confronto tante testimonianze rilasciate dai frati del Tempio durante il processo e faceva notare che fra le accuse avanzate contro di loro dal re di Francia c'era quella di adorare segretamente un misterioso "idolo", un ritratto che raffigurava un uomo con la barba.
Grazie a una serie di indizi, l'autore suggeriva come il misterioso "idolo" venerato dai templari altro non fosse che la sindone di Torino, chiusa in una teca speciale fatta apposta per lasciar vedere solo l'immagine del volto, e venerata in assoluto segreto in quanto la sua stessa esistenza all'interno dell'ordine era un fatto molto compromettente: l'oggetto era stato rubato durante un orribile saccheggio, sugli autori del quale Papa Innocenzo iii aveva lanciato la scomunica, e anche per il traffico delle reliquie era stata sancita la stessa pena dal concilio Lateranense IV nel 1215.
Che l'avessero presa direttamente oppure comprata da qualcun altro, dichiarando al mondo di possedere la sindone i templari rischiavano in ogni caso la scomunica. Secondo Wilson, gli "anni oscuri" durante i quali le fonti storiche non parlano della sindone corrispondono in realtà al periodo in cui la reliquia fu custodita in assoluto segreto dai templari. A suo tempo la tesi suscitò molti entusiasmi poiché permetteva di dare risposte coerenti a tanti punti non chiariti che ancora permanevano sulla storia della sindone e sul processo contro i templari, ma la comunità scientifica rimase insoddisfatta in quanto le prove documentarie addotte dallo studioso apparivano tutto sommato scarse.
A distanza di trent'anni ho provato ad aggiungere alla tesi di Wilson molti tasselli mancanti. In questo nuovo libro ho analizzato fonti inedite riguardanti i templari e la storia antica della sindone giungendo a una conclusione: nel corso del Duecento, quando la società cristiana è turbata dalla proliferazione delle eresie che negano la reale umanità di Cristo, l'ordine del Tempio, a causa delle sue molte immunità, rischia di diventare una specie di porto franco per gli eretici di lignaggio cavalleresco che cercano d'intrufolarvisi per mettersi al riparo dalle autorità inquisitoriali.
Se questo fosse successo davvero, il Tempio si sarebbe trovato destrutturato nella sua identità religiosa. I capi dell'ordine frequentavano la corte bizantina per la quale avevano svolto varie mediazioni diplomatiche, conoscevano l'enorme sacrario imperiale di Costantinopoli dove per secoli gli imperatori avevano raccolto con cura minuziosa le più famose e antiche reliquie di Cristo, della Vergine e dei santi. Sapevano anche che i teologi bizantini avevano enfatizzato il potere delle reliquie di Cristo per contrastare la predicazione degli eretici, soprattutto delle sette di stampo docetista e gnostico secondo le quali Cristo era un essere di solo spirito e non aveva mai avuto un vero corpo umano, ma solo l'apparenza di un uomo.
Insomma, i templari si procurarono la sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie. I catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano né vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto; per questo non celebravano l'Eucarestia, considerata a loro giudizio un rito privo di senso non avendo Cristo mai avuto una vera carne.
Una volta aperta completamente, la sindone portava l'immagine impressionante di quel corpo massacrato proprio come era avvenuto a Gesù secondo i vangeli: si vedeva tutto, la carne dei muscoli tesi nella rigidità che accompagna le prime ore dopo la morte, il volto gonfio sotto l'effetto delle percosse, la pelle strappata dagli aculei del flagello. E c'era tanto sangue, sangue dappertutto, quello che secondo l'evangelista Matteo era stato "versato per molti in remissione dei peccati" (Matteo, 26, 28). L'umanità di Cristo sopraffatta dalla violenza degli uomini, quell'umanità che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare.
Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo; qualcosa ben più potente dei sermoni dei predicatori e anche della repressione degli inquisitori. I Pontefici più accorti lo avevano capito, e così si comprendono iniziative come quella di Innocenzo iii che promosse il culto della Veronica o quella di Urbano iv che solennizzò il miracolo di Bolsena istituendo la festa del Corpus Domini.
I templari diedero allora vita a liturgie speciali di venerazione della sindone come l'uso di consacrare le cordicelle del loro abito mettendole a contatto con l'inestimabile reliquia, affinché il potere sacro di quell'oggetto li proteggesse sempre dai nemici del corpo e dello spirito; oppure la liturgia descritta dal templare Arnaut Sabbatier ricordata in apertura. E anche Carlo Borromeo, quando nel 1578 si recò pellegrino alla sindone viaggiando a piedi da Milano a Torino, la venerò praticando il bacio sulle ferite dei piedi proprio come usavano fare i dignitari del Tempio.
Questo libro - una ricostruzione di taglio storico-archeologico che non entra in questioni teologiche - rappresenta in realtà la prima parte di uno studio dedicato alla sindone che si completerà con un secondo volume in preparazione di stampa (La sindone di Gesù Nazareno, sempre per Il Mulino). Attraverso una lunga ricerca documentaria provo a rispondere a molti quesiti della storia ma anche a proporre ipotesi di studio che potrebbero aprire nuovi sentieri di ricerca: come quella che riguarda le enigmatiche tracce di scrittura in greco, latino ed ebraico identificate da alcuni esperti francesi sul lino della sindone, parole tracciate in origine su un documento che entrò in contatto con il telo e vi lasciò una specie di impronta.