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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Ma quale "genius loci"? Casale Monferrato deve candidarsi a Capitale Italiana della Cultura?


di Claudio Martinotti Doria


Forse alcuni di Voi si sono persi questa perla di saggezza propositiva successiva al Forum degli Stati Generali del Monferrato, che vi allego sotto.
Non entro del merito del contenuto dell’intervento sottostante, così come il fatto che siamo a pochi mesi dalle elezioni comunali e prossimi ormai all’Expo 2015 di Milano, per il quale saremmo un tantinello in ritardo, ma forse non se ne rendono conto perché sono abituati ad organizzare sagre di paese ed iniziative mordi e fuggi che richiedono due o tre mesi di preparazione, non hanno ancora capito che per organizzare seriamente eventi e progetti significativi e complessi occorre pianificare gli interventi almeno un paio di anni prima, e pensare di partecipare a questa candidatura, con così pochi mesi di anticipo, e con una molteplicità di concorrenti che rispetto a noi hanno un’infinità di capacità, risorse e valore aggiunto che ci rendono perdenti in partenza nella competizione, è solo un esercizio di collage e di sofismo politico per avere spazi mediatici e gloria effimera, per conquistare crediti e meriti fittizi.
Mi limito pertanto ad analizzare alcuni riscontri che saltano all’occhio anche del lettore disattento.
Sono citati con precisione, nonostante la brevità del testo complessivo, luoghi circostanze e meriti con nominativi e cosa hanno detto esattamente, anche se sono banalità. Questa è una rarità, non capita mai in questa piccola società di provincia dove di solito si scopiazzano idee e lavori altrui senza mai riconoscere la paternità ed i meriti. Averlo fatto quindi deve avere uno scopo strumentale, forse perché le persone citate appartengono allo stesso schieramento politico e/o perché si intende valorizzarli e fornire loro incarichi professionali o istituzionali.
Si insiste molto sul concetto metafora del “genius loci”, anche questo semplicemente colto da altri contesti per applicazioni locali, ad esempio è la base filosofica del Club dei Borghi più Belli d’Italia citato in centinaia di casi nei loro testi, ed anche dell’Associazione dei Borghi Autentici d’Italia, ed inoltre da alcuni anni è la titolazione di una bella iniziativa dell’Ecomuseo della Pietra da Cantoni di Cellamonte per scoprire i borghi dell’area casalese.
Quindi anche in questo caso, con un minimo di cultura ed esperienza vissuta si scopre che quasi tutto quello che ha riportato l’articolo è solo un collage più o meno sofisticato con elencazione di buoni propositi ed apporti personali ridotti all’osso ed approssimativi, obiettivi aleatori e strumenti virtuali per conseguirli.
Se mai un “genius loci” abbia pervaso questa città e queste lande di provincia, all’arrivo dei debosciati duchi francesi Gonzaga Nevers nel 1631, deve aver chiesto il trasferimento ed essere emigrato in altri lidi facendosi sostituire da un surrogato, il quale a sua volte si è fatto sostituire da altri surrogati sempre meno qualificati, in procinto di eventi significativamente negativi (pensate al subentro dei Savoia nel 1708, alle riforme delle province di Rattazzi del 1859, ecc.), indebolendosi ed indebolendoci sempre più, fino a pervenire ad un simulacro di genius loci completamente disconnesso dall’originale, una sorta di ectoplasma.
Per compiere progressi culturali in una cittadina o su un territorio più o meno omogeneo come il nostro, occorre partire da un’accurata analisi e disamina del presente, accettando ed affrontando le attuali divisioni, frammentazioni, dispersioni, crisi di identità, ecc., facendo problem solving collettivo con anni di perseverante e coerente impegno propositivo, con numerosi incontri costruttivi con la popolazione, solo così forse si otterranno risultati concreti e duraturi, altrimenti è solo esercizio di sofismo politico, uno spot culturale che si esprimerà con slogan slegati dal contesto reale e di scarsa efficacia.
Il percorso indicato è corretto, occorre investire nella cultura, ma non per accedere a chissà quali fantomatici finanziamenti pubblici, ma per ricostruire la coesione identitaria comunitaria e territoriale che abbiamo perso negli ultimi secoli, e per farlo occorre superare le attuali separazioni politiche partitiche ed i campanilismi e personalismi, mettendo da parte il proprio Ego per fare gioco di squadra, e non è un processo che si possa improvvisare dall’oggi al domani.


Per il momento sarebbe meglio prendere atto che a Casale quando si organizza un convegno di storia locale per quanto importante e significativo partecipano mediamente una ventina di persone, mentre per un evento analogo nelle vicine città di Trino o Vercelli la partecipazione è proporzionalmente dieci volte superiore e venti volte in alcuni borghi monferrini. Teniamo conto inoltre che abbiamo perso l’Università Popolare di Casale per assenza di sostegno ed adesioni, mentre la vicina Vercelli ha un’Università Popolare che prospera con oltre 500 iscritti. E si vuole che Casale diventi Capitale italiana della Cultura? Quando la cittadinanza non è neppure interessata a conoscere la propria nobile e prestigiosa storia?
Claudio m.d.



Fonte: Casale News http://www.casalenews.it/index
Calvo: 'Casale capitale italiana della cultura, una sfida da cogliere'
Lettera dell'ex assessore ed esponente dei Democratici per Casale: 'Nel 2015 una mostra sui Paleologi in tutto il Monferrato'

Da Riccardo Calvo, ex assessore ed esponente dei Democratici per Casale, riceviamo e pubblichiamo integralmente questa lettera: “Se è vero che è soprattutto la provincia ad essere custode dell’identità italiana, va colta con grande interesse da parte di Casale la disponibilità del Governo ad accendere i riflettori ogni anno su una piccola città italiana (con meno di 150 mila abitanti) mettendo a disposizione uno stanziamento superiore a quello che la UE dedica alla Capitale Europea della Cultura ( un milione e mezzo di euro). La prima “Capitale” italiana si farà tra pochi mesi e “nel 2015 avrà un rapporto privilegiato con l’Expo gemellandosi con Milano” precisa la portavoce di Letta, Monica Nardi. “Le città candidate – dichiara ancora la Nardi – dovranno presentarsi con una tema, un logo, una nota sui motivi della partecipazione, un programma ed un bilancio di previsione”. Credo che Casale, così come ha ben detto Roberto Coaloa, anche se in competizione con le altre cento città d’Italia, debba partecipare con convinzione”.
“Occorre, come hanno chiesto Ubertis e Carmi nell’incontro degli Stati Generali della città, cercare il “genius loci” di Casale e del territorio e mettere in movimento tutti i monferrini in modo sinergico”.
“Deve passare il principio che la cultura fa parte del nostro quotidiano e dobbiamo sentire l’occasione che ci viene offerta per prepararci ad Expo e ricominciare quasi da zero in tema di comunicazione e di scelte culturali di base”.
“Sembra incredibile all’esterno che una bella terra che è al centro del triangolo industriale resti periferica rispetto ai grandi flussi turistici! Proviamo a ripartire dal cuore del nostro vissuto definendo un messaggio (uno solo) che possieda tratti realmente riconoscibili e che sia “toccato con mano” anche dalle persone comuni”.
Arte – storia – cibo – ospitalità – fiume, colline – ambiente incontaminato - turismo verde- sistema scolastico. Dobbiamo circoscrivere e dare spessore a percorsi che siano nella prospettiva sia dell’ Expo che dei criteri di scelta di quella che sarà la capitale 2014 della cultura italiana”.
“Il dialogo a più voci tra Giovanni Romano ed Angelo Miglietta in San Domenico giovedì 5 dicembre previsto in “Cantiere Speranza”, così come l’appuntamento con Diana Bracco. presidente di Expo 2015 organizzato dall’ “Associazione Paolo Ferraris”, venerdì 13 dicembre, vanno provvidenzialmente nella direzione di costituire le basi per un percorso comune e di immaginare per il 2015 solo per fare un esempio una grande mostra diffusa in tutto il Monferrato sul periodo paleologo riprendendoci ciò che anni fa, purtroppo, Alba ci ha in parte sottratto”.
“Casale città martire dell’amianto diventi dunque la culla di una vita culturale e di un diverso modo di intendere il rapporto uomo-natura”.
“Accendiamo i riflettori sulle cose belle e buone della città e del Monferrato (come per esempio la straordinaria esperienza del CPA e dell’educazione degli adulti) e competiamo tutti in modo virtuoso per fare di Casale la “città capitale” che per tanti secoli ha trasmesso al mondo cultura e bellezza”. 

Redazione On Line

L'importanza della storia nella valorizzazione del Monferrato, seconda ed ultima parte. Gli errori e i miti da sfatare sul Monferrato,

Gli errori e i miti da sfatare sul Monferrato

La seconda puntata di Patria Montisferrati in preparazione degli Stati Generali

Fonte: Casale News http://www.casalenews.it/index
  

di Claudio Martinotti Doria

Le Tre Marche
Le Tre Marche
Alcuni errori sono sempre più rari fortunatamente, come quello di definire Aleramo il primo marchese di Monferrato, mentre in realtà fu marchese dell’intera Marca Aleramica, una delle tre Marche create a metà del X secolo dal Re Berengario II in quella che all’epoca era la Lombardia (cioè il Nord Ovest, il Piemonte ci volevano ancora alcuni secoli perché si denominasse tale … le altre due erano l'Obertenga e l'Arduinica, ognuna con un suo più o meno vasto accesso al mare), in chiave strategica politico militare antisaracena. Alla morte del capostipite la dinastia si scisse in due grandi tronconi famigliari dovuti ai due figli superstiti di Aleramo: gli oddoniani (da Ottone) e gli anselmiani (da Anselmo).
Gli oddoniani divennero marchesi di Monferrato (è il nipote di Aleramo Guglielmo, nome assai utilizzato dalla dinastia essendo quello del padre del capostipite, che divenne pertanto il primo marchese di Monferrato, mentre storicamente dai documenti esistenti il primo ad essere citato come marchese di Monferrato è stato Ranieri nel 1111 d. C.) e marchesi di Occimiano (questi ultimi avranno una durata limitata perdendo il loro feudo nella prima metà del XIII secolo fagocitato da Bonifacio II di Monferrato).
Gli anselmiani invece saranno marchesi di Sezzè (Sezzadio), del Vasto (ossia di Saluzzo, Busca, Clavesana, Ceva, Savona e Carretto, Cortemilia), nonché di Incisa, di Bosco e di Ponzone. Estendendosi in un territorio vastissimo tra il basso Piemonte e la Liguria e con successivi trasferimenti in Sicilia di vere e proprie colonie di monferrini e lombardi in seguito a intrecci matrimoniali di altissimo lignaggio che portarono alcune discendenze aleramiche a divenire Pari del Regno di Sicilia e Grandi di Spagna.
Altro mito intriso di tracce storiche manipolate e difficilissimo da sfatare, per la convinzione che nei miti e leggende ci sia sempre qualche traccia di verità, è la leggenda della cavalcata aleramica e della prima moglie Alasia. Non vi è assolutamente nulla di vero in entrambe, sono versioni molto tardive, risalenti all'incirca al 1330 d. C. e perlopiù attribuibili al frate cronista Jacopo Bellingeri da Acqui (con successive manipolazioni tra le quali l'immancabile Carducci) incaricato di abbellire (leggasi “inventare”) le origini del casato, in un epoca in cui lo facevano tutte le dinastie che avevano avuto fortuna e successo e gestivano posizioni di potere e prestigio a livello continentale e mediterraneo.
Di solito gli incaricati attingevano a leggende precedenti o di altri territori nella speranza di apportare qualcosa di nuovo e di suggestivo, affascinante e pregevole che facesse presa nella cultura popolare e presso le corti. La prima moglie di Aleramo storicamente non si sa chi sia stata, sappiamo che gli portò in dote molte “corti” e possedimenti che lo favorirono nella scalata sociale quando rimase vedovo, fino al secondo matrimonio con Gerberga figlia del re Berengario II. La cavalcata di tre giorni per la definizione dei confini del feudo concessogli dal re, con l’incidente della perdita del ferro di cavallo e la sua riparazione con un mattone da cui dovrebbe derivare il nome del marchesato (mattone = mun + ferro = frà, da cui Munfrà), che è solo una delle innumerevoli versioni per cercare di spiegare la denominazione ancor dubbia del nome dell'antico marchesato, è una pura invenzione letteraria destituita di ogni fondamento, sebbene abbia sortito una radicata presa a livello collettivo, di cui molti non si vogliono liberare convinti che abbia un suo fondamento nella realtà. Deve essere considerata alla stregua di una fiaba, bella e simbolica finché si vuole, ma rimane una fiaba.
Aleramo
Poi ci sono i piccoli errori tecnici, perpetuati a lungo anch’essi, anche da alcuni storici, finché il passar del tempo ed il leggere ripetutamente la loro versione corretta rende inevitabile correggerli per non fare brutta figura, anche se si vorrebbe poter continuare come prima magari per motivi campanilistici … Mi riferisco ad esempio al fatto di aver affermato per decenni che le capitali del marchesato del Monferrato erano molteplici, ad esempio Trino, Moncalvo, Pontestura, Chivasso, ecc.. E’ un errore che storicamente non ha alcuna possibilità di essere giustificato, se non nel parlare quotidiano, necessariamente superficiale ed approssimativo, ma non in un contesto storico ed accademico. Nel medioevo è risaputo che le corti erano itineranti, tutte, comprese quelle dei grandi regnanti, imperatori, papi e sultani. Il concetto di capitale era ancora lungi da venire. Per cui è più corretto definirle sedi marchionali, si trattava di castelli e palazzi dove i signori erano soliti sostare, anche a lungo, portandosi appresso la corte.
L’unica capitale del marchesato del Monferrato, nel senso che la corte del marchese Giangiacomo si insediò tra il 1434 ed il 1435 definitivamente senza mai più trasferirsi e tutti gli atti riportano come tale il luogo di stesura, fu Casale, nel castello Paleologo, che da allora subì diverse trasformazioni atte allo scopo, anche per ospitare l’ampio seguito di funzionari, che si stima fossero circa cinquecento, moltissimi per l’epoca, secondi solo al ducato di Milano.
Altro piccolo errore che si continua a commettere è a proposito di un grande personaggio casalese, conosciuto ben oltre i nostri limitati confini per le sue gesta belliche, mi riferisco al facinoroso Facino Cane, grande condottiero, capitano di ventura (sventura per chi lo subiva), mercenario ricchissimo e di grande fama già alla sua epoca. Si continua a citare in articoli e schede da consultazione come sua moglie fosse Beatrice contessa di Tenda, mentre è ormai accertato che fosse una sua parente alla lontana, appartenente ad un ramo collaterale della famiglia Cane svolgente lo stesso mestiere del marito, si tratterebbe quindi di Beatrice figlia di Ruggero Cane, il che spiegherebbe una sua certa competenza professionale e capacità a gestire l’amministrazione di famiglia, incrementando la sua appetibilità matrimoniale da parte del duca Visconti di Milano alla morte del condottiero nel 1412 (cui infatti la vedova andò in sposa).
Purtroppo uno degli aspetti che inducono alla manipolazione della storia a proprio uso e consumo è il campanilismo, cioè una sorta di nazionalismo in miniatura. Il desiderio di apparire e far apparire il territorio dove si è nati e vissuti più meritevole e grande di quello che in realtà sia mai stato. Un ricorso alla storia per appagare le proprie aspettative e velleità di riscatto, proiettandovi illusioni e desideri. Ma in questo caso non si dovrebbe far riferimento alla Storia ma alle storie, perché di questo si tratta, si tratta di raccontare storie, che potranno anche far presa, avere il loro fascino, ma non si rende certo un servizio alla Storia e tanto meno alla comunità ed al territorio che si intende valorizzare. Alla lunga la verità verrà a galla e non si farà una bella figura con gli ospiti e con coloro che hanno riposto fiducia in noi.
Prima di occuparsi di Storia si dovrebbe essere consapevoli del proprio Ego per limitarne le mire di espansione ed affermazione, perché ci si dovrebbe occupare di fatti e documenti, per quanto apparentemente aridi, e non di falsità e fronzoli che possono favorirci in maniera effimera ma essere deleteri per l’identità territoriale.
La Storia, così come il territorio e le sue genti che l'hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d'insieme ed un'unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l'unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un'unica entità territoriale turistico culturale ed economica.

Recensione romanzo ambientato in Monferrato




di Claudio Martinotti Doria

Imminente la pubblicazione dell’ultimo romanzo di Carlo Lucarelli che si intitolerà “Il furto dei totem”, che come al solito ai contenuti giallo polizieschi unirà l’impegno civico e risvolti socioculturali.
Come sempre l’autore si ispira a fatti realmente accaduti, attingendo dalla realtà sia mediatica che giudiziaria e soprattutto tramite l’enorme bacino di dati costituito dalla rete, dove circolano tantissime informazioni non diversamente reperibili, che però devono essere puntualmente verificate, incrociate e filtrate, e Lucarelli in questo è un maestro navigato.
Lucarelli questa volta colloca la trama in un borgo monferrino piuttosto antropizzato e vivace, strategicamente posizionato in un asse viario ad altissima percorrenza, borgo prettamente residenziale dove avvengono numerosi furti nelle abitazioni, quasi tutte case uni o plurifamigliari, accostate le une alle altre o quantomeno contigue, situazione che in teoria dovrebbe favorire il cosiddetto controllo di vicinato e prevenire furti ed abusi di ogni genere ai danni dei residenti. 
I furti avvengono periodicamente mettendo a segno una pluralità di colpi in brevissimo tempo ed in case vicine, spregiudicatamente pure durante il giorno, nel poco tempo in cui i proprietari si assentano per esigenze contingenti. Altri invece di notte approfittando del buio e del sonno degli abitanti.
Le autorità inquirenti sospettano vi sia un informatore locale, in quanto è da escludersi un appostamento mirato allo scopo, in quanto la presenza di uno straniero non passerebbe inosservata e desterebbe sospetti, come pure il passaggio di auto non conosciute in loco, che verrebbero segnalate alle autorità.
Ogni punto debole delle case ed ogni circostanza ambientale e meteo viene utilizzata per favorire i colpi, una zona d’ombra, una finestra facilmente accessibile, una porta senza serratura di sicurezza, un guasto all’impianto d’allarme (che peraltro in troppi nel borgo hanno installato col fai da te ed ancora a sirena, che suonando per un nonnulla ne inficia la credibilità ed efficacia), lavori in corso molto rumorosi che coprono i rumori dello scasso, le ore di punta del traffico nel quale immettersi passando inosservati, la vicinanza di sentieri che consentono l’allontanamento celandosi tra la vegetazione, ecc..
Per mesi e mesi decine e decine di colpi vanno a segno con successo, seminando sempre più insicurezza ed in alcuni casi anche il panico negli abitanti. Il borgo ormai è tutto un abbaiare di cani di tutte le taglie, perché è questo il modo in cui la maggioranza degli abitanti ha reagito, accorgendosi che le case prive di cani erano quelle più colpite hanno adottato o comprato cani, rendendo il borgo il più strumentalmente cinofilo di tutto il territorio monferrino.
Dopo un certo numero di mesi in cui sembrava che tutte le case che potevano essere colpite erano state svaligiate e quindi si riteneva la situazione dovesse risolversi per inerzia o meglio “per esaurimento delle risorse disponibili”, la banda di ladri (in quanto le autorità inquirenti erano sicure si trattasse di un’unica banda organizzata che metteva a segno i colpi nello stesso paese) riuscirono a stupire tutti gli abitanti, autorità e media locali, con un megacolpo finale sbalorditivo, a tal punto che si interessarono anche i media nazionali.
Rubarono tutti i totem del borgo, cioè le colonnine arancioni denominate Velo Ok per il controllo della velocità e del traffico automobilistico. Erano in tutto una decina, posizionate lungo l’asse viario principale del borgo di circa due km lineari, li asportarono tutti quanti lasciando al loro posto una Croce di Dozulé in scala 1:1000
A questo punto non solo il mistero si infittisce ancor più di prima, ma si tinge di simbolismi e motivazioni che possono solo suscitare inquietudine, sgomento e contrapposizioni nei giudizi e commenti di tutte le persone coinvolte ed anche nei lettori dei media. Il caso diventa di portata nazionale. Cosa ha voluto significare l’asportazione dei totem e la loro sostituzione con le croci di Dozulé?
Come possibile che abbiano potuto portare a termine un’operazione così complessa e sistematica senza lasciare tracce? Una tale operazione ha sicuramente richiesto il possesso di competenze notevoli, la partecipazione di decine di complici e disponibilità di molte risorse … Un piano sovversivo? Non certamente una goliardata.
Lucarelli con abilità conduce il lettore lentamente e con ottima gestione della suspense a ricomporre i numerosi pezzi di un puzzle che sembrava impossibile da completare, rivelando una soluzione sorprendente, un finale veramente imprevedibile e di grandissima inventiva, che provocherà un sorriso amaro e  molta mestizia.


P.s. a scanso di equivoci, la notizia soprariportata è destituita di ogni fondamento, frutto di pura invenzione, o quasi